I Concertini Piccini Picciò
- Chi è Filippo Villa?
Sono un autore, da poco cantautore per caso. Scrivo canzoni da almeno vent’anni. Solo nel 2017 ho deciso di cantarle. Con il primo invio di un demo, mi sono trovato catapultato al Premio Fabrizio De André nel 2018, la canzone mi ha portato addirittura in finale, all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Dopo aver presentato la canzone “Alfista” a tre metri da Dori Ghezzi, ho spiegato agli spettatori di non aver mai cantato in un live. Secondo me non ci credevano, ma era tutto vero. Nell’arco di circa due anni ho lavorato molto sulle canzoni e su me stesso, passando dallo stato di eremita musicale a quello di cantautore. Ho pubblicato un album dal titolo “Storielle Dispari” (con la preziosa collaborazione di alcuni bravi musicisti, tra cui Veronica Marchi in veste di produttrice artistica) e ora mi sto divertendo a presentarlo in alcuni live rigorosamente organizzati in posti non comuni. Li chiamo i Concertini Piccini Picciò: live acustici senza fronzoli in posti molto belli.
- Quando nasce l’amore per la musica?
A casa la musica c’è sempre stata grazie ai miei genitori. L’amore per la musica è nato assieme a me. Però era platonico. Ci ho messo parecchio a darmi da fare. Scrivevo per me stesso, divertendomi. Adesso lo faccio anche per gli altri. Se non sono uscito dalla grotta anni fa, è perché pensavo che le mie canzoni non sarebbero piaciute.
- La musica che cosa significa per lei?
Abbiamo tutti bisogno di pretesti per stare con gli altri o per comunicare con i nostri simili, superando le distanze linguistiche, culturali e temporali. Louis Armstrong mi fa commuovere attraverso una radiolina decenni dopo la sua dipartita. Dato che secondo me la comunicazione è sempre a due vie, nel momento in cui oggi mi commuovo con Armstrong, forse non comunicherò nulla a lui, ma sono sicuro arrivi qualcosa al mondo (almeno la porzione che mi circonda). Questa è la musica secondo me.
- Che cosa racconta nelle sue canzoni?
Racconto piccole cose, fatti non importanti, quasi nascosti, osservati da punti di vista anche assurdi. Io gioco con le parole e con la musica per parlare di una zuppa d’inverno, della pazienza di un bruco o della serena distrazione di uno smemorato. Come dicevo prima, sono pretesti per parlare di come siamo fatti noi esseri umani.
- La vita sopra un palco, che cosa dice?
Se fosse così mi farebbe paura. La vita è giù dal palco. Sul palco si deve giocare. Ho appena iniziato ma questa cosa mi appare chiarissima. La fine di uno spettacolo, l’applauso finale, porta con sé un piccolo dispiacere nell’immediato ma al tempo stesso ha il compito di essere una liberazione. Bisogna scendere dal palco per apprezzarlo davvero. Nei miei primi live in teatro ho voluto sedermi e guardare lo spazio da ogni punto, dalle poltrone giù in platea alla galleria. Quello spazio voglio respirarlo tutto. Vale anche il contrario: da ascoltatore mi piacerebbe salire sul palco e stare a un metro dagli artisti, ma non lo faccio per paura di prendere le botte.
- Con il suo primo album, quale messaggio vuole dare?
Dopo aver terminato il lavoro, le assicuro, con tanto impegno, ho capito che dall’album appare un messaggio chiarissimo, spontaneo perché non progettato: le storielle sono specchietti per mostrare a noi stessi chi siamo, come siamo fatti nel profondo. Nella copertina dell’album non appare la mia faccia: ci sono undici miniature che raccontano le undici storielle. Il messaggio è che la musica sovrasta e sopravvive rispetto a chi la realizza. Scrivere e cantare è un privilegio. Ecco due messaggi al prezzo di uno.
- Giovane e talentuoso, dove vorrebbe arrivare?
Non sono giovane, ho trentasei anni, e ma sono fresco di fabbrica, ho pochi chilometri. Voglio scrivere molto e non solo per me, anzi: riuscire a scrivere buone canzoni per altri artisti è la mia massima aspirazione.
- Racconti al nostro pubblico i suoi progetti.
Dato che ho iniziato tardi, ho accumulato un archivio d’idee piuttosto ingombrante. Da una parte, mi piacerebbe smaltire tutto questo materiale in fretta. Ma sto anche scrivendo molto, quindi i prossimi lavori saranno un mix di vecchie e nuove idee. Ho voglia di sperimentare sound differenti e non fare album in fotocopia. Da ascoltatore mi stufo in fretta: per coerenza non voglio stufare chi mi dedica del tempo. Di sicuro non mi fermo: ora che sono uscito dalla grotta non ci voglio più tornare.
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