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ROberto Paruzzo

Roberto Paruzzo

La perfezione in musica

Dedicarsi alla passione del pianoforte è un impegno prossimo ad una missione.

  • Chi è Roberto Paruzzo? 

Le vorrei rispondere “Non ho mai pensato a me”, come fece Arturo Benedetti Michelangeli in una delle sue rarissime interviste. Non potendomelo  permettere, accetto la sua sfida azzardando una definizione: un Romantico in continua ricerca di quell’Estasi, quell’abbandono che irrompe dall’ebbrezza dei sensi e delle emozioni che, esplodendo e travolgendo il narcisistico “Io”, fanno emergere l’Arte e la Bellezza dal suo oblìo. Può andare?

  • Quando ha deciso  che il pianoforte diventasse la sua vita? 

Da sempre. Non l’ho mai sentita come una decisione: è accaduto. È come un’urgenza, una passione a cui non si può che cedere e dedicarsi. Da una parte una vera fortuna, dall’altra un impegno prossimo ad una missione.

  • Ascoltare e suonare: il metodo più bello per imparare la musica?

Ascoltare, suonare e ascoltarsi: questa è una buona base da cui partire. Dal punto di vista dell’apprendimento tecnico è necessario un profondo studio per raggiungere quella libertà che consente l’espressione più diretta delle proprie intenzioni musicali. Più interessante e complessa è la dimensione dell’ascolto, sia dell’altro che di sé. Per comprendere il senso di una esecuzione è a mio avviso necessario “diventarla”, farla risuonare in se stessi arrichendo il proprio mondo interiore di colori, gusti, emozioni. Poi vi è la questione dell’ascoltarsi, cioè riuscire a percepire se vi è coincidenza tra ciò che effettivamente si produce; qui si apre un mondo di esperienze peculiari la cui articolazione richiederebbe molto tempo.

  • La sua professionalità è più apprezzata in Italia o all’estero?

Nella mia esperienza non ho colto particolari differenze, eccezion fatta per l’Académie de Musique “Tibor Varga” di Sion, uno dei più prestigiosi centri musicali europei dove da più di mezzo secolo vengono invitati a tenere masterclass e concerti i più importanti artisti del mondo. Le devo confessare che far parte del corpo docenti di un’istituzione così importante è per me motivo di grande orgoglio.

  • Secondo Lei, quali sono i compositori più grandi?

Senza dubbio Bach, Mozart e Beethoven. Bach come emanazione diretta del Divino, Mozart giocoliere dell’Anima, Beethoven come potenza dell’Uomo.

  • Ennio Morricone e l’oscar: cosa ne pensa?

Ne avrebbe meritati molti altri! Tutti i grandi registi lo chiamano “Il Maestro”, forse per la sua straordinaria capacità di coniugare complessità e la sperimentazione della musica d’avangurdia (che lui ama chiamare assoluta) con l’immediatezza richiesta dalla dimensione cinematografica. Da giovane fu letteralmente folgorato dalla Scrittura di Petrassi, tanto che scelse di terminare gli studi di composizione con lui. In fondo non ha mai tradito quel mondo “classico” anche occupandosi di musica e di film. È sempre riuscito ad inquadrare le sue partiture in precisi binari teorici, divertendosi talvolta ad inserire piccoli espedienti musicali, come ad esempio i quattro intervalli di 6° nel tema principale di “C’era una volta il West”, spesso all’insaputa del regista e del pubblico. Un segreto, racconta lui stesso, per “dare dignità alla professione”.

  • Se esistesse una ottava nota, come la suonerebbe?

“La vera musica è tra le note” scrive Mozart. Giocando, potremmo dire che l’ottava nota è quella che vive tra le altre e da il senso all’esecuzione: è l’ispirazione dell’interprete che risuona con quella del compositore.

  • Avrebbe un consiglio da dare ai giovani che intraprendono una carriera come la sua?

Studiare, studiare e ancora studiare ed essere certi che questa attività sia fonte di per sé di gioia e godimento. Vi è poi da sviluppare un senso critico ed estetico, sia approfondendo tematiche di area filosofica e letteraria che del mondo delle arti. Oggi è fondamentale una preparazione la più ampia e varia possibile. Non posso non citarle nuovmente Michelangeli con una celeberrima frase che coglie in pieno l’essenza del fare musica: “Essere un pianista e un musicista non è una professione: è una filosofia, una concezione di vita che non può basarsi né sulle buone intenzioni né sul talento naturale. Bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile.”

Redazione

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